
In un mondo segnato da conflitti, disuguaglianze e cambiamenti climatici, la missione delle Suore Scalabriniane continua ad essere un faro di speranza e accoglienza per migranti e rifugiati. Suor Rosita, missionaria Scalabriniana, ha recentemente ricevuto il prestigioso Premio Nansen, conferito dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), in riconoscimento del suo instancabile impegno nell’opera umanitaria. In un’intervista esclusiva, condivide le sue motivazioni, le sfide affrontate e la visione di una missione orientata alla costruzione di un mondo più giusto e fraterno.
In questa intervista, Suor Rosita,condivide la sua esperienza e le sue riflessioni sul lavoro con persone vulnerabili che fuggono da guerre, persecuzioni e disastri naturali. Il suo cammino missionario è profondamente legato ai valori scalabriniani di accoglienza, solidarietà e dignità umana. Attraverso questo dialogo, Suor Rosita ci invita a riflettere sulle sfide quotidiane e sulle risposte necessarie per affrontare la crescente crisi dei migranti e rifugiati a livello globale.
1 – Suor Rosita, congratulazioni per il Premio Nansen, che riconosce la sua dedizione al lavoro con migranti e rifugiati. Cosa l’ha ispirata a intraprendere questa missione e cosa la motiva a continuare su questa strada nel corso degli anni?
Dico solitamente che il cammino si fa camminando. È con questa affermazione che ho iniziato il mio discorso alla premiazione di Ginevra, il 14 ottobre. La principale motivazione per camminare nella missione è comprendere che le persone che migrano sono state forzatamente spostate ed hanno bisogno di accoglienza, di uno spazio in cui vivere, di una patria, di una casa. La motivazione nasce dal contatto con queste persone. Ogni persona in situazione di vulnerabilità che incrocia il nostro cammino, che possiamo aiutare, lascia un po’ di sé con noi, porta la sua esperienza, condivide la sua cultura e ci insegna a vedere il mondo con uno sguardo più ricco e fraterno. Continuo con fiducia perché credo che possiamo fare la differenza nell’assistenza ai più fragili, ai più poveri tra i poveri – i rifugiati, i migranti, gli apolidi – e in questo contesto, in particolare le donne e i bambini. Dalla loro forza, dalla grazia di Dio e dall’ispirazione del carisma, proviene, specialmente, l’energia necessaria per andare avanti.
2. Sappiamo che lavorare con migranti e rifugiati comporta enormi sfide, specialmente nel contesto globale attuale. Quali sono i principali ostacoli che ha affrontato e come ha superato queste difficoltà nella sua missione?

Gli ostacoli sono molti, e nel caso specifico del Brasile, fornire un primo servizio qualificato appena le persone arrivano nel paese è già una grande sfida. Negli ultimi 15 anni, abbiamo ricevuto un numero considerevole di migranti provenienti da vari paesi, ma due flussi sono particolarmente significativi: quello degli haitiani e dei venezuelani. L’assistenza e il supporto necessari sono richieste fondamentali e sfidanti, principalmente per quanto riguarda i venezuelani, considerando che arrivano nel nostro paese in gran numero e con molte necessità, siano esse materiali, come cibo e vestiti, luoghi di soggiorno o rifugio, che di ordine personale, con fragilità psicologiche o in precarie condizioni di salute.
Quello che abbiamo fatto è ampliare il nostro sguardo verso le necessità e offrire loro il supporto che possiamo fornire, considerando i diversi momenti della vita dei rifugiati e migranti che cercano il Brasile come destinazione. Al momento dell’arrivo e nei primi mesi di soggiorno nel paese, l’area socio-assistenziale è prioritaria, inclusa la possibilità di garantire l’accesso dei bambini alla scuola, così come facilitare l’ottenimento della documentazione per le regole di permanenza nel Paese. Superato questo primo periodo, è necessario investire in iniziative per promuovere le persone: corsi di portoghese, formazione per il lavoro, ricerca di un impiego, opportunità di attività di generazione autonoma di reddito e, in generale, avanzare sempre con l’obiettivo di rispettare la dignità delle persone e offrire loro le condizioni per acquisire autonomia e accedere alle politiche pubbliche esistenti. Globalmente, ciò che ci preoccupa è il fatto che il numero dei rifugiati forzati non smette di crescere. Oltre alle guerre, un fattore sensibile è l’aumento delle popolazioni sfollate, vittime dei cambiamenti climatici.
Sono molto felice di dire che la visibilità dei movimenti forzati delle persone e della realtà che vivono rifugiati e migranti è per me la cosa più importante. Ritengo che questo riconoscimento ricevuto non sia mai stato personale, anche perché la mia storia ha senso solo se condivisa con i vari attori, partner di cammino, volontari, militanti della causa e, naturalmente, gli stessi migranti e rifugiati. Quindi il vero premio è la visibilità che abbiamo raggiunto sia del lavoro che svolgiamo, sia di questa grande causa umanitaria, e della sensibilizzazione della società che, in gran parte, deriva dalla visibilità e da uno sguardo positivo nei confronti di questa popolazione. In questo contesto, credo che la missione Scalabriniana sia stata percepita con maggiore intensità. Abbiamo ricevuto riscontri da molte persone che non sapevano che le religiose svolgessero attività in questo senso e, in particolare, che potessero collaborare con la missione che la Congregazione porta avanti. La visibilità è stata una grande conquista che abbiamo ottenuto.
3. Il suo lavoro ha ricevuto un riconoscimento internazionale, con la diffusione nei vari media a livello mondiale. Cosa rappresenta questa visibilità per la missione Scalabriniana e per la causa dei migranti e rifugiati?
Sono molto felice di dire che la visibilità dei movimenti forzati delle persone e della realtà che
vivono rifugiati e migranti è per me la cosa più importante. Ritengo che questo riconoscimento
ricevuto non sia mai stato personale, anche perché la mia storia ha senso solo se condivisa con i
vari attori, partner di cammino, volontari, militanti della causa e, naturalmente, gli stessi migranti
e rifugiati. Quindi il vero premio è la visibilità che abbiamo raggiunto sia del lavoro che svolgiamo,
sia di questa grande causa umanitaria, e della sensibilizzazione della società che, in gran parte,
deriva dalla visibilità e da uno sguardo positivo nei confronti di questa popolazione. In questo
contesto, credo che la missione Scalabriniana sia stata percepita con maggiore intensità. Abbiamo
ricevuto riscontri da molte persone che non sapevano che le religiose svolgessero attività in
questo senso e, in particolare, che potessero collaborare con la missione che la Congregazione
porta avanti. La visibilità è stata una grande conquista che abbiamo ottenuto.
4. Come missionaria Scalabriniana, cosa significa per lei appartenere a una congregazione con una missione così focalizzata sul lavoro con migranti e rifugiati? In che modo la spiritualità e i valori della sua Congregazione influenzano le sue azioni concrete nel campo umanitario?

È stata nella Congregazione che il mio cammino si è incrociato con il tema dei rifugiati e dei migranti. E, poiché per chiamata di Dio appartengo alla Congregazione delle Scalabriniane, la scelta e la direzione della mia vita è la fedeltà, l’impegno di rispondere alla missione che ci chiama al servizio evangelico-missionario con migranti e rifugiati, con preferenza per i più poveri e quelli che si trovano in situazioni di grande vulnerabilità.
In questo senso, è fondamentale la continua ricerca di vivere e praticare i valori scalabriniani. Essi sostengono la nostra spiritualità e danno significato e senso alla nostra vita. Sotto questa ispirazione, nell’azione pratica, abbiamo sempre la sfida della fedeltà a punti di riferimento solidi, sia spirituali che umani. Credo che mantenere la semplicità, l’imparzialità, la carità e la misericordia nel trattare con le persone sia un punto cruciale per accogliere, con lo stesso amore, uomini e donne, bambini e adulti, siano rifugiati, migranti, apolidi o sfollati interni.
5. Qual è, secondo lei, il ruolo della Congregazione Scalabriniana e di altre istituzioni religiose nel supporto e nella promozione dei diritti dei migranti e rifugiati? Come possono migliorare l’integrazione e l’accoglienza di queste persone in tutto il mondo?
Lo spazio di missione della Congregazione Scalabriniana, così come di altre istituzioni che si dedicano ai rifugiati e migranti, è immenso. Possiamo intervenire e collaborare nei campi sociali, giuridici, sanitari, educativi, nella promozione di politiche pubbliche, insomma, in
qualsiasi ambito di bisogno umano, specificamente per le persone che hanno subito un processo di spostamento, soprattutto per quanto riguarda gli spostamenti forzati.
La cosa più importante è avere ben definito e prioritario il popolo a cui dobbiamo offrire la nostra azione umanitaria e pastorale, il nostro supporto, l’accoglienza, la difesa dei diritti e la promozione instancabile del rispetto della loro dignità, cioè rifugiati, migranti, sfollati, apolidi.
Nel caso specifico della Congregazione Scalabriniana, il carisma, il dono di Dio che riceviamo attraverso San Giovanni Battista Scalabrini e i cofondatori, è delineato nelle nostre Costituzioni. “Siamo una Congregazione dono di Dio alla Chiesa al servizio evangelico-missionario ai migranti e rifugiati, preferibilmente ai più poveri che si trovano in situazione di grande vulnerabilità”.
Pertanto, come intervenire per garantire che questa popolazione venga meglio assistita? Essendo presenza profetica e attiva accanto a migranti, rifugiati, sfollati, apolidi; offrendo le nostre forze, la nostra capacità, il nostro amore, la nostra voce per denunciare le violazioni dei diritti, le omissioni dello Stato, le situazioni di sfruttamento, xenofobia, discriminazione e rifiuto a cui spesso questa popolazione è sottoposta.
6 – Può parlarci un po’ dell’Istituto Migrazioni e Diritti Umani (IMDH), legato alla Fondazione Scalabriniana?

Grazie per averlo chiesto… l’IMDH è un’istituzione Scalabriniana, con sede a Brasilia, dove accogliamo persone di origini molto diverse, e una sede a Boa Vista, Roraima, nel nord del Brasile, un confine attraverso il quale attualmente arrivano grandi flussi di rifugiati e migranti venezuelani. A Boa Vista, forniamo assistenza a donne e bambini, con numerose iniziative, tra cui un progetto specifico – il Progetto Angel Gabriel – che si estende al comune di Pacaraima, al confine con il Venezuela.
L’attività dell’Istituto si articola su sei aree principali: accoglienza e supporto socio-assistenziale; protezione e documentazione; integrazione educativa e culturale; integrazione comunitaria ed economica; azione pastorale; e advocacy per politiche pubbliche e tutela dei diritti. Nel complesso, abbiamo assistito 12.590 persone nel 2023 e circa 12.000 persone nel 2024.
Abbiamo avuto l’opportunità di aiutare molte famiglie, con particolare attenzione alle più povere e vulnerabili, anche con iniziative di generazione autonoma di reddito, un aspetto molto significativo per l’emancipazione delle donne e a favore del benessere dei bambini, affinché abbiano accesso alla scuola e a ciò di cui hanno bisogno per essere felici. Siamo un’istituzione aperta a collaborazioni con enti pubblici e privati, permettendo così azioni congiunte e potenziando le nostre forze e capacità!
7 – Guardare al futuro è essenziale in ogni missione. Quali sono, secondo lei, le principali sfide che i migranti e rifugiati devono ancora affrontare e cosa crede sia urgente cambiare per migliorare le loro condizioni di vita e protezione a livello globale?
C’è molta disinformazione riguardo ai migranti e rifugiati. Questa disinformazione alimenta i pregiudizi. E ancor peggio: ci sono autorità e leader che si nutrono dell’odio contro queste popolazioni per capitalizzare politicamente. In generale, è necessario che l’informazione di qualità e l’educazione siano fortemente orientate a eliminare gli stigmi. I contenuti educativi per bambini e adolescenti potrebbero essere elementi fondamentali per la formazione di una società interculturale, dove l’altro diventa un valore da promuovere, insieme all’empatia, alla solidarietà e all’integrazione delle persone. Nessuno nasce con odio, è qualcosa che viene trasmesso dalle menti e dai cuori degli adulti. Inoltre, è necessario che tutti i popoli sviluppino la sensibilità e comprendano che i trasferimenti forzati non sono
piacevoli per nessuno e che, nel corso della storia, molti flussi migratori sono già avvenuti: i popoli che oggi accolgono, probabilmente sono stati accolti in passato e, molto probabilmente, dovranno accogliere in futuro. È fondamentale che questa responsabilità collettiva venga compresa e che lo sguardo verso migranti e rifugiati sia umanizzato.
8 – Vorrebbe lasciare un messaggio ai nostri lettori?
Grazie per avermi dato l’opportunità di mettere in evidenza alcuni punti su questo tema.
Mi prendo la libertà di sottolineare la preoccupazione per la necessità di interventi urgenti contro i cambiamenti climatici che minacciano la sopravvivenza umana e sono alla base dei maggiori flussi di persone sfollate e migranti al giorno d’oggi. Mi avvalgo delle parole ispiratrici della lettera di leader religiosi di diverse tradizioni e spiritualità:

“La natura nelle sue molteplici forme deve essere un elemento centrale nelle nostre pratiche spirituali e nell’espressione di fede delle nostre comunità. Quando assistiamo alla distruzione di ecosistemi fondamentali, sentiamo che non solo la natura è violata, ma anche i principi spirituali che guidano le nostre vite. La protezione della natura non è solo una questione ambientale, ma un dovere spirituale e morale”.
Desidero anche fare un appello alle autorità che usano le armi da guerra per distruggere la vita: che le sostituiscano con il dialogo rispettoso e franco, nella sincera ricerca della pace. Avendo ricevuto il Premio Globale Nansen per i rifugiati 2024 dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), sento di esprimere un appello dal cuore: è difficile e triste celebrare la bellezza del Premio Nansen, in onore di un uomo che ha usato la sua lucidità, audacia e creatività per salvare vite, mentre bambini innocenti vengono uccisi dalla follia delle guerre o soccombono alla fame, in un pianeta così ricco di risorse e possibilità.
Il mio omaggio va a tutte le persone e le forze vive che si pongono al servizio della vita e danno qualcosa di sé per accogliere rifugiati, sfollati, migranti e apolidi che soffrono le conseguenze di situazioni per le quali non sono stati responsabili, ma che ne sono vittime.





