“Non possiamo correre dietro a ciò che si traduce in benefici personali; le nostre stanchezze devono invece essere piuttosto legate alla nostra capacità di compassione. Sono impegni in cui il nostro cuore è ‘mosso’ e commosso. Ci rallegriamo con i fidanzati che si sposano, ridiamo con il bimbo che portano a battezzare; accompagniamo i giovani che si preparano al matrimonio e alla famiglia; ci addoloriamo con chi riceve l’unzione nel letto d’ospedale; piangiamo con quelli che seppelliscono una persona cara. Di fronte alla crisi dell’identità sacerdotale forse dobbiamo uscire dai luoghi importanti e solenni; dobbiamo tornare ai luoghi in cui siamo stati chiamati, dove era evidente che l’iniziativa e il potere erano di Dio. A volte senza volerlo, senza colpa morale, ci abituiamo a identificare la nostra attività quotidiana di sacerdoti con determinati riti, con riunioni e colloqui, dove il posto che occupiamo nella riunione, alla mensa o in aula è gerarchico”. Lo ha detto Papa Francesco durante un incontro con i religiosi nella Cattedrale dell’Immacolata Concezione di Maputo, in Mozambico.