Roma – Più che esodo, quello venezuelano è un “controesodo”. Per tutta la seconda metà del Novecento, la nazione è stata la meta di centinaia di migliaia di stranieri. Italiani inclusi. Nel periodo dalla fine della Seconda guerra mondiale agli anni Settanta, oltre 200mila connazionali si sono trasferiti a Caracas e dintorni, attratti dal boom petrolifero.
Dando vita alla terza comunità italiana più popolosa dell’America Latina. Non a caso, il Venezuela è il secondo Paese al mondo per consumo di pasta. Negli ultimi quattro anni, però, la crisi drammatica ha provocato una repentina inversione di tendenza.
Caracas è ormai terra d’esodo. L’Italia è una delle destinazioni più ambite: in meno di quattro anni sono arrivati in 49.831, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. La maggior parte di questi ha parenti che possano aiutarli nei primi tempi.
Tanti hanno la doppia cittadinanza. Figli e discendenti di espatriati, dunque, si trovano a fare il percorso inverso rispetto a genitori e nonni. Chi non ha il vantaggio dell’origine, sempre più spesso, ricorre alla richiesta d’asilo: nel 2017, queste sono state 544, il 280 per cento rispetto all’anno precedente. (Lu.C. – Avvenire)